La maternità e la paternità obbligatoria e facoltativa (congedi parentali)

AG Servizi
15 min readOct 13, 2017

L’Inps offre sostegno alle famiglie attraverso l’erogazione di prestazioni a sostegno del reddito previste per legge.

I lavoratori e le lavoratrici, a seconda della propria categoria professionale, hanno diritto ad una serie di benefici legati all’ambito familiare:

Maternità obbligatoria

Il congedo di maternità prevede un periodo di assenza obbligatorio dal lavoro per la lavoratrice, durante la sua gravidanza ed i primi mesi di vita del bambino, per un totale di 5 mesi.

Il congedo prevede i 2 mesi precedenti la data presunta del parto ed i 3 mesi successivi (2+3).

La lavoratrice però, può scegliere di avvalersi della c.d. flessibilità (prevista dall’art. 20 del D. Lgs. 151/2001): il tal caso il congedo ha inizio nel mese precedente la data presunta del parto e termina 4 mesi dopo (1+4). Questa dovrà essere supportata ed autorizzata a livello medico: si potrà quindi accedere alla maternità flessibile (1+4) a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Il medico competente, ove presente in azienda, è quindi è tenuto a rilasciare il certificato medico che, congiuntamente a quello del ginecologo, deve essere presentato all’Inps per ottenere il congedo.
Il medico competente certifica l’assenza di controindicazioni dal punto di vista delle condizioni di lavoro al rilascio del congedo.
Se il lavoro non è sottoposto a controllo sanitario, si dovrà presentare una dichiarazione del datore di lavoro da cui risulta che in azienda o per le attività svolte dalla lavoratrice interessata non esiste l’obbligo di sorveglianza sanitaria sul lavoro.

La legge di bilancio per il 2019 ha introdotto, in alternativa alle consuete modalità di fruizione di cui all’art. 16, co. 1, D.lgs.151/2001, la possibilità per la mamma di lavorare fino al parto (e non saranno più obbligate a smettere un mese prima) e fruire dei 5 mesi del congedo di maternità obbligatorio dopo la nascita del bimbo, aggiungendo il co. 1.1 al medesimo art. 16.

E’ però necessario il via libera del medico.

Ad oggi, quindi, le possibilità sono tre:

  1. • 2 mesi prima + 3 mesi dopo;
  2. • 1 mese prima + 4 mesi dopo;
  3. • nessuna assenza prima e 5 mesi dopo.

Indipendentemente dalla scelta della mamma di godere del congedo più idoneo alle proprie esigenze, entro 30 giorni dalla nascita questa deve essere comunicata all’Inps e al datore di lavoro, ed è quindi necessario accedere nuovamente alla procedura telematica per comunicare la data effettiva del parto e le generalità del bambino. Al datore di lavoro si dovrà anche comunicare se si intende riscuotere gli assegni familiari per il bambino e richiedere le detrazioni per carichi di famiglia.

Le giornate di astensione obbligatoria non fruite prima della data presunta del parto verranno sommate ai 3 mesi di astensione obbligatoria successivi al parto.

In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità, il diritto all’astensione dal lavoro ed alla relativa indennità spettano al padre (congedo di paternità).

L’INDENNITA’

L’indennità corrisponde all’ 80% della retribuzione media percepita nel mese immediatamente precedente l’inizio dell’astensione obbligatoria (salvo migliore trattamento previsto dal CCNL), quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del TU). Per gli iscritti alla Gestione Separata, se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.

L’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro, anche per le lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che hanno scelto il pagamento con il metodo del conguaglio CA2G (circolare INPS 23 ottobre 2015, n. 173).

È, invece, pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:

  • lavoratrici stagionali;
  • operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
  • lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
  • lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
  • lavoratrici disoccupate o sospese;
  • lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che non hanno scelto il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio CA2G.

Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata il pagamento è sempre effettuato direttamente dall’INPS.

I periodi di permanenza all’estero sono indennizzati a titolo di congedo di maternità solo se seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia.

Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità). Per evitare la perdita del diritto è necessario che la lavoratrice o il lavoratore presentino all’INPS (prima dello scadere dell’anno) istanze scritte di data certa, dirette a ottenere il pagamento della indennità.

LA DOMANDA

Per richiedere la maternità obbligatoria è necessario presentare apposita domanda sia all’Inps che al proprio datore di lavoro entro il settimo mese di gravidanza (almeno 2 mesi prima della data prevista per il parto), corredata da una certificazione medica che specifichi la data presunta del parto e il mese di gestazione.

Maternità anticipata

Il periodo di astensione obbligatoria può essere anticipato per particolari condizioni previa autorizzazione dell’organo competente.

Il servizio sanitario locale (Asl) dovrà provvedere, in via esclusiva, alla procedura di interdizione anticipata dal lavoro per gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose, compreso l’adozione del provvedimento finale di astensione.

In caso di interdizione per gravi complicazioni della gestazione o per l’aggravamento in gravidanza di patologie preesistenti, la lavoratrice deve presentare la domanda all’Azienda Sanitaria Locale competente (con riferimento al luogo di residenza), unitamente al certificato medico. La domanda si intende accolta dalla Asl decorsi 7 giorni dalla sua presentazione.

La data di inizio dell’astensione al lavoro coincide con il primo giorno di assenza dal posto di lavoro giustificato dal certificato medico rilasciato alla lavoratrice.

Nell’astensione dal lavoro, la lavoratrice sarà retribuita all’80% e non avrà alcuna limitazione di reperibilità. In caso di interdizione per condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli, qualora non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni, l’Azienda presenta domanda alla Direzione Territoriale del Lavoro.

La domanda, previo effettivo accertamento dell’impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni, deve essere accolta dalla Direzione Territoriale del Lavoro entro 7 giorni dalla sua presentazione.

La data di inizio dell’astensione al lavoro coincide con la data di rilascio del provvedimento portato a conoscenza del datore di lavoro.

Per attività gravose e/o insalubri può essere concessa fin dall’inizio della gestazione fino al settimo mese dopo il parto.

Maternità posticipata

Per attività gravose e/o insalubri l’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto. La richiesta di proroga deve essere presentata all’organo competente.

L’indennità corrisponde all’ 80% della retribuzione media percepita nel mese immediatamente precedente l’inizio dell’astensione obbligatoria (salvo migliore trattamento previsto dal CCNL).

Ricovero del neonato: rinvio e sospensione del congedo di maternità

In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità fino alla data di dimissioni del bambino (art. 16 bis, co. 1 del TU) e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino.

Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa (art. 16 bis, co. 2 del TU) e accertate da attestazione medica.

In caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (art. 26, co. 6 bis).

Gli iscritti alla Gestione Separata che intendano astenersi dall’attività lavorativa hanno facoltà di sospendere e rinviare i periodi di maternità/paternità secondo quanto disposto dall’art. 16 bis del Testo Unico. Permane l’obbligo di attestazione del ricovero del minore e di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa, nei confronti dei committenti, mentre verso l’Istituto sono tenuti alla sola comunicazione della data di inizio e fine del periodo di sospensione (circolare INPS 16 novembre 2018, n. 109).

Interruzione di gravidanza

In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice — dipendente o iscritta alla Gestione Separata — può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo di maternità (art. 16, co. 1 bis del TU, modificato dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119).

Parto prematuro

In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), grazie al D.lgs. 80/2015 che, nell’ottica di meglio conciliare i tempi di vita e di lavoro, ha modificato la disciplina del congedo obbligatorio di maternità in caso di parto prematuro, ai 3 mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche qualora la somma dei 3 mesi di post partum e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto e la data presunta del parto, superi il limite complessivo di 5 mesi.

Esempio:

Data parto: 02/6/2017
Data presunta parto: 10/9/2017
Inizio dei due mesi ante partum: 10/7/2017
Durata del congedo di maternità: dal 02/6/2017 al 10/12/2017

L’Inps ha precisato che la riforma interessa solo i casi di parto “fortemente” prematuro, intendendo come tale la nascita che si verifichi prima dei 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto, cioè prima del normale inizio del congedo di maternità.

In caso di parto prematuro ma avvenuto entro i due mesi antecedenti la data presunta del parto, si applica la disciplina ordinaria con il limite di durata dei 5 mesi.

Se la lavoratrice madre è impossibilitata a fruire del congedo di maternità, il diritto all’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità), se lavoratore dipendente o iscritto alla Gestione Separata.

Anche per il congedo di paternità l’indennità corrisponde all’ 80% della retribuzione.

Il padre lavoratore dipendente, entro 5 mesi dalla nascita del bambino, ha diritto ad astenersi dal lavoro obbligatoriamente per 2 giorni (elevati a 4 nel 2018), corrisposti al 100% della retribuzione e fruibili anche in via non continuativa.

In accordo con la madre, inoltre, il padre lavoratore dipendente, entro 5 mesi dalla nascita del bambino, ha diritto ad un altro giorno di congedo facoltativo alternativo alla lavoratrice madre, che in questo caso terminerà un giorno prima il suo congedo di maternità. Anche in questo caso il giorno sarà retribuito al 100%.

Per godere di questa astensione il lavoratore dovrà presentare richiesta scritta al proprio datore di lavoro, con un anticipo di almeno 15 giorni, o data presunta del parto qualora il padre intenda usufruire dei 2 giorni di assenza nel momento di nascita del figlio.

Adozioni ed affidamenti

Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.

Per ulteriori approfondimenti si può consultare la circolare INPS 4 febbraio 2008, n. 16 che attua l’articolo 26 del TU.

Riposi giornalieri per allattamento

Durante il primo anno di vita del bambino la legge consente alle lavoratrici dipendenti di usufruire di periodi di astensione oraria dal lavoro per l’allattamento.

I riposi giornalieri hanno la seguente durata:

  • 2 ore, nel caso di orario di lavoro pari o superiore a 6 ore giornaliere
  • 1 ora, nel caso di orario di lavoro inferiore alle 6 ore giornaliere.

I riposi orari possono essere fruiti da entrambi i genitori lavoratori dipendenti alternativamente e sono corrisposti al 100% della retribuzione.

La domanda va consegnata prima dell’inizio del congedo al datore di lavoro in caso di richiesta da parte della lavoratrice, sia alla sede Inps di appartenenza che al datore di lavoro per le richieste da parte del lavoratore.

Visite prenatali

Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per sottoporsi a esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro.

Per fruire del diritto ad assentarsi dal lavoro per esami prenatali, la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro:

specifica domanda, nella quale devono essere indicati data e ora degli esami, con dichiarazione che gli stessi non sono effettuabili al di fuori dell’orario di lavoro;

documentazione giustificativa, rilasciata dalla struttura cui la lavoratrice si è rivolta dalla quale risulti la data e l’orario di effettuazione degli esami.

– Le ore di assenza per esami prenatali vengono retribuite normalmente e hanno lo stesso trattamento della “malattia dovuta a gravidanza”.

Le ore di assenza per esami prenatali non si cumulano con le assenze per malattia e non possono essere considerate come ore di ferie.

Malattia del bambino

Entrambi i genitori lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, alternativamente tra loro (ossia la fruizione del congedo deve essere alternata, cioè i genitori non possono fruirne contemporaneamente per gli stessi giorni) ed indipendentemente che l’altro ne abbia autonomo diritto (il genitore può richiedere questo congedo anche se l’altro genitore non ne ha diritto), possono godere di permessi non retribuiti (Congedo non retribuito) per la malattia di ciascun figlio; in particolare, tali permessi hanno la seguente durata:

  • per tutta la durata della malattia del bambino fino ai 3 anni di vita del figlio, quindi in tal caso si avrà un congedo senza limiti temporali da usufruire alternativamente all’altro genitore;
  • massimo per 5 giorni lavorativi all’anno (per ciascun genitore) per il bambino di età compresa dai 3 agli 8 anni.

Per fruire di questa agevolazione è necessario presentare un certificato rilasciato da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato, oltre ad un’autocertificazione in cui si dichiari che l’altro genitore non si è assentato dal lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo.

Non è possibile farne richiesta se il figlio si trova a tempo pieno in una struttura sanitaria dove non è richiesta la presenza del genitore.

Il congedo di maternità è un periodo di astensione che può essere obbligatorio o facoltativo.

Il Congedo di paternità (regolato dagli artt. 28 e ss del TU)

L’art. 4, co. 24, lettera a), L. n. 92/2012 ha istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio.

Il congedo di paternità è riconosciuto quando si verificano eventi che riguardano la madre del bambino e spetta in caso di:

  • morte o grave infermità della madre. Il padre richiedente, all’atto della compilazione della domanda, indica gli estremi della madre e la data del decesso. La certificazione sanitaria di grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’INPS, allo sportello o a mezzo raccomandata;
  • abbandono del figlio da parte della madre, da attestare con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità;
  • affidamento esclusivo del figlio al padre (art. 155 bis del codice civile), il quale comunica gli elementi identificativi del provvedimento indicando l’autorità giudiziaria, la sezione, il tipo e numero di provvedimento, la data di deposito in cancelleria. Tuttavia, per accelerare la definizione della domanda, il genitore può allegare copia conforme all’originale del provvedimento giudiziario.

In caso di adozione o affidamento di minori, oltre agli eventi sopra riportati, il congedo di paternità è fruibile dal padre a seguito della rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.

Ex art. 66 del TU il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi sopra elencati, dura quanto il periodo di congedo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice, anche se lavoratrice autonoma con diritto all’indennità prevista dall’articolo 66 del TU. Se la madre è non lavoratrice, il congedo di paternità termina dopo tre mesi dal parto.

In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, anche parzialmente, fino alle dimissioni del bambino.

Il congedo obbligatorio consiste in un permesso di 5 giorni, anche non continuativi, da fruire dal padre entro i 5 mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale) del minore. I giorni possono essere goduti anche in modo non continuativo e arrivare fino a sei in alternativa a un giorno di maternità della mamma.

Trattasi di un diritto autonomo e quindi è aggiuntivo a quello della madre e spetta comunque indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità.

Il padre lavoratore dipendente ha diritto, per i giorni di congedo obbligatorio e facoltativo, a un’indennità giornaliera interamente a carico dell’INPS pari al 80%-100% della retribuzione, a seconda del CCNL.

Non è stato esteso ai lavoratori autonomi (a differenza di ciò che accade per le madri), i quali hanno la possibilità di fruire del congedo obbligatorio, ma solo in alternativa alla madre e a determinate condizioni.

Per i padri la L. n. 92/2012, ha inoltre introdotto in via sperimentale misure a sostegno della genitorialità che sono state prorogate anche per il 2019 dalla L. n. 145/2018 (legge di bilancio 2019).

Congedi Parentali

Il congedo parentale (o maternità/paternità facoltativa) non va confuso con il congedo di maternità/paternità (obbligatoria), infatti esso si traduce in periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.

Sono quindi diretti a lavoratrici e lavoratori dipendenti con un rapporto di lavoro in corso, ma non ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, ai genitori lavoratori a domicilio.

La madre può fruire del congedo parentale per massimo 6 mesi dopo l’astensione obbligatoria, e fino ai 12 anni di età del bambino.

Il padre può usufruire del congedo parentale per massimo 7 mesi, dalla nascita del figlio e fino ai 12 anni del bambino.

In ogni caso, entrambi i genitori non possono fruire cumulativamente di un congedo parentale superiore ai 10 mesi (o 11 mesi nel caso in cui il padre ne usufruisca di almeno 3).

Il congedo parentale può essere fruito anche in maniera frazionata, su base giornaliera o su base orario, secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento, o in mancanza, in base alla metà dell’orario medio giornaliero del mese precedente la richiesta di astensione.

Rispetto ai tempi del preavviso, il genitore richiedente è tenuto ad avvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri previsti dai contratti di lavoro e comunque, con un termine non inferiore a 5 giorni in caso di richiesta di congedo parentale mensile o giornaliero, e non inferiore a 2 giorni (48 ore) in caso di congedo orario.

Relativamente alla retribuzione del congedo parentale questa sarà:

  • del 30% rispetto al normale stipendio fino al sesto anno di età e per un massimo di 6 mesi.
  • Tra il sesto e l’ottavo anno, la retribuzione resta invariata solo quando il reddito è molto basso (reddito inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione).
  • A partire dal sesto anno ( ameno che non si abbia, come visto, un reddito particolarmente basso), le giornate di congedo non vengono retribuite.

Oltre alle lavoratrici (ed i lavoratori) dipendenti possono usufruire della maternità facoltativa seppure in misura ridotta:

  • le lavoratrici e i lavoratori agricoli, ma a determinate condizioni, come 51 giornate di lavoro in agricoltura nell’anno precedente la nascita del bambino;
  • le lavoratrici iscritte alla gestione separata, anche in questo caso a determinate condizioni, come 3 mesi di effettiva contribuzione nei 12 mesi presi a riferimento per il calcolo dell’assegno di maternità;
  • le lavoratrici autonome, che però hanno diritto a soli 3 mesi da utilizzare entro il primo anno di vita del bambino.

Ultimamente è stata introdotta l’alternativa del part-time invece del congedo parentale: in luogo della fruizione del congedo in modalità oraria (oppure mensile o giornaliero) è ora possibile chiedere, per una sola volta, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purchè con una riduzione d’orario non superiore al 50%.

In questo caso però è da tenere presente che la riduzione d’orario per la trasformazione del rapporto di lavoro ovviamente non è retribuita mentre il congedo usufruito in qualsiasi modalità è indennizzato al 30% della retribuzione quantomeno fino ai 6 anni di vita del figlio.

La domanda va fatta prima dell’inizio del periodo di congedo richiesto, altrimenti saranno pagati solo i giorni successivi alla data di presentazione della domanda.

Da non dimenticare che il congedo parentale va richiesto entro i primi 12 anni di vita del bambino.

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