Riforma previdenziale ed età pensionabile

AG Servizi
39 min readFeb 25, 2021

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Le politiche in materia previdenziale sono state improntate all’esigenza di garantire la sostenibilità di lungo periodo del sistema e ad attenuare la portata di alcune misure introdotte dalla legge di riforma previdenziale del 2011.

In particolare, sono state eliminate le penalizzazioni per il pensionamento anticipato prima dei 62 anni ed è stato modificato il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici agli incrementi della speranza di vita.

Oltre a ciò, il legislatore è intervenuto su una serie di istituti volti a permettere il pensionamento anticipato — in presenza di specifici requisiti — per determinate categorie di lavoratrici e lavoratori (come, ad esempio, opzione donna, quota 100, benefici per lavoratori precoci, lavoratori esposti all’amianto, esodati).

Adeguamento agli incrementi della speranza di vita

Nell’ambito degli interventi volti al progressivo innalzamento dei requisiti anagrafici per il diritto all’accesso dei trattamenti pensionistici, grande rilievo assumono i provvedimenti volti ad adeguare i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico all’incremento della speranza di vita (accertato dall’ISTAT).

Il principio è stato originariamente introdotto dall’articolo 22-ter, comma 2, del decreto legge numero 78 del 2009.

Tale disposizione aveva disposto un intervento di portata generale rivolto a tutti i lavoratori, sia pubblici sia privati.

Esso stabiliva che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico italiano dovessero essere adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT e convalidato dall’EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti, con modalità tecniche demandate ad un apposito regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 dicembre 2014.

Successivamente la normativa in questione è stata interessata, pur in un breve periodo temporale, da numerosi interventi che ne hanno modificato ed integrato la struttura.

A seguito di questi interventi, il primo adeguamento era stato anticipato al 1° gennaio 2013; allo stesso tempo, era stato anticipato al 2011 (in luogo del 2014) l’obbligo per l’ISTAT di rendere disponibili i dati relativi alla variazione della speranza di vita.

Nel 2016 e nel 2019 vi sono stati ulteriori adeguamenti, mentre a partire dal 2019 i suddetti adeguamenti avvengono con cadenza biennale.

Si segnala che in attuazione della predetta disciplina, sono stati fino ad ora emanati i decreti direttoriali del 6 dicembre 2011, del 16 dicembre 2014 e del 5 dicembre 2017, i quali hanno aumentato i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, rispettivamente, di tre mesi, quattro mesi e, dal 2019, cinque mesi.

Da ultimo, è stato emanato il decreto 5 novembre 2019 che dispone che dal 1° gennaio 2021 i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici non sono ulteriormente incrementati.

Per completezza, si ricorda che, per quanto concerne l’accesso al pensionamento anticipato, l’articolo 15 del decreto legge numero 4 del 2019 ha confermato che, fino al 31 dicembre 2026, questo si raggiunge con il possesso di un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (con un termine dilatorio di decorrenza, cosiddetta finestra, di 3 mesi).

La legge di bilancio per il 2018 (legge numero 205 del 2017) è nuovamente intervenuta sulla materia, sia modificando il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita, sia escludendo dall’adeguamento specifiche categorie di lavoratori e i lavoratori impegnati nelle cd. attività usuranti.

In primo luogo, per l’adeguamento dell’età pensionabile agli incrementi della speranza di vita si dispone:

  • che si dovrà fare riferimento alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente;
  • che gli adeguamenti (a decorrere da quello operante dal 2021) non possono essere superiori a 3 mesi (con recupero dell’eventuale misura eccedente in occasione dell’adeguamento o degli adeguamenti successivi);
  • che eventuali variazioni negative devono essere recuperate in occasione degli adeguamenti successivi (mediante compensazione con gli incrementi che deriverebbero da tali adeguamenti).

In secondo luogo, si dispone l’esclusione dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita (pari a 5 mesi e decorrere dal 2019) per specifiche categorie di lavoratori (individuate dall’allegato B della richiamata legge di bilancio 2018) e per i lavoratori impegnati nelle cosiddette attività usuranti.

Con il decreto ministeriale del 5 febbraio 2018 sono state disciplinate le modalità attuative della norma richiamata, con particolare riguardo all’ulteriore specificazione delle professioni di cui all’allegato B e alle procedure di presentazione della domanda di accesso al beneficio e di verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell’ente previdenziale.

Innalzamento dell’età pensionabile (riforma Fornero)

L’articolo 24 del decreto legge numero 201 del 2011 (rifoma Fornero) ha attuato una revisione complessiva del sistema pensionistico.

In primo luogo — progressivamente e a decorrere dal 1° gennaio 2012 — sono stati ridefiniti i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia, i quali, a decorrere dal 1° gennaio 2019 sono pari (considerando gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita già intervenuti) a 67 anni.

In secondo luogo, sono stati ridefiniti i requisiti per l’accesso al pensionamento in base all’anzianità contributiva, ossia il pensionamento anticipato, innalzando il requisito in precedenza previsto di 40 anni.

Attualmente, l’accesso al suddetto trattamento pensionistico è consentito con un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Sul punto, si ricorda, infatti, che il decreto legge numero 4 del 2019 ha sospeso fino al 2026 l’adeguamento del suddetto requisito contributivo alla speranza di vita.

In relazione alla pensione anticipata, la legge di riforma prevedeva, nel testo originario, l’applicazione di una riduzione percentuale del trattamento pensionistico per ogni anno di pensionamento anticipato rispetto all’età di 62 anni (pari all’1%, con elevazione al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto a 2 anni).

Con un primo intervento normativo, recato dalla legge di stabilità 2015 (legge numero 190 del 2014), il legislatore ha escluso dalla riduzione i trattamenti pensionistici dei soggetti che maturavano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Pertanto, sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 1° gennaio 2012 di tali soggetti non trovava applicazione la prevista riduzione percentuale.

Successivamente, con un nuovo intervento normativo, recato dalla legge di stabilità 2016 (legge numero 208 del 2015), il legislatore ha esteso la deroga, specificando che essa deve trovare applicazione (con effetto sui ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio 2016) anche per i trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015.

Infine, la legge di bilancio 2017 (legge numero 232 del 2016) ha escluso a regime la penalizzazione per i trattamenti pensionistici anticipati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

All’indomani dell’approvazione della riforma, che per molti lavoratori comportava uno spostamento in avanti dell’età di pensionamento anche di molti anni, si è posta all’attenzione delle forze politiche e del Governo la questione dei cosiddetti esodati, su cui il legislatore è intervenuto a più riprese al fine di ampliare la platea dei beneficiari della disciplina transitoria prevista della riforma (consistente nel riconoscimento dei requisiti pensionistici previgenti), garantendo copertura previdenziale ad una platea potenziale di oltre 200.000 lavoratori.

Pensionamento anticipato

In materia di pensionamento anticipato, si evidenzia in particolare che: diversi provvedimenti hanno ampliato le possibilità di accesso allo stesso, in presenza di determinati requisiti contributivi ed anagrafici; sono state ridotte e, infine, eliminate, le penalizzazioni economiche per i soggetti che usufruiscono della pensione anticipata (già prevista dalla legge Fornero); sono stati riconosciuti specifici benefici previdenziali ai lavoratori precoci e per lo svolgimento di lavori usuranti o gravosi.

Inoltre, il decreto legge numero 4 del 2019 è intervenuto sul tema attraverso l’introduzione di nuovi istituti (come la cosiddetta Quota 100), la proroga di altri già esistenti (Anticipo pensionistico e Opzione donna) e l’esclusione fino al 2026 dell’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti contributivi previsti per l’accesso al pensionamento anticipato.

Di seguito i principali istituti attualmente vigenti per accedere anticipatamente al pensionamento anticipato.

— Quota 100

L’articolo 14 del decreto legge numero 4 del 2019 introduce in via sperimentale, per il triennio 2019- 2021, la possibilità di conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni (soggetto all’adeguamento all’incremento della speranza di vita) e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni in favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati (con esclusione di quelli iscritti alle Casse professionali), nonché in favore degli altri lavoratori iscritti alla Gestione separata.

Per il conseguimento del suddetto requisito contributivo, coloro che non siano già titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle gestioni previdenziali interessate da quota 100, possono ricorrere all’istituto del cumulo gratuito dei periodi assicurativi non coincidenti nelle richiamate gestioni amministrate dall’INPS.

La pensione anticipata in oggetto non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Per quanto riguarda la decorrenza del trattamento pensionistico, questa è fissata:

  • al 1° aprile 2019, se lavoratori privati, e al 1° agosto 2019, se dipendenti pubblici, per coloro che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2018;
  • trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti se lavoratori privati, sei mesi se dipendenti pubblici per coloro che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2019.

I lavoratori del comparto scuole e Afam devono presentare la domanda di pensionamento con quota 100 entro la fine di febbraio di ciascun anno, con possibilità di uscita a partire dall’inizio dell’anno scolastico o accademico rientrante nel medesimo anno.

Infine, dall’ambito del nuovo istituto è escluso il personale militare delle Forze armate, il personale delle Forze di polizia, di polizia penitenziaria e della Guardia di finanza ed il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

L’articolo 22 del medesimo decreto legge prevede, inoltre, la possibilità per i Fondi di solidarietà bilaterale di erogare un assegno straordinario per il sostegno al reddito ai lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per l’eventuale opzione per l’accesso alla pensione quota 100 nei successivi tre anni.

— Pensionamento anticipato: abolizione delle relative penalizzazioni e non incremento requisiti fino al 2026

L’articolo 24, comma 10, del decreto legge numero 201 del 2011 (riforma Fornero), ha stabilito che l’accesso alla pensione anticipata, a decorrere dal 1° gennaio 2012, è consentito esclusivamente se risulta maturata un’anzianità contributiva pari, attualmente, a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Tali requisiti (come quelli anagrafici per la pensione di vecchiaia) sono periodicamente adeguati all’incremento della speranza di vita opera (come previsto dall’articolo 12 del decreto legge numero 78 del 2010).

Sul punto, il decreto legge numero 4 del 2019 dispone il non adeguamento ai suddetti incrementi fino al 2026, ma il trattamento decorre trascorsi 3 mesi dal raggiungimento dei requisiti medesimi.

Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012, la legge ha previsto una riduzione pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni fino a 60 anni, elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo al di sotto dei 60 anni (fermo restando il limite anagrafico minimo di 57 anni).

Dopo la riforma del 2011, sulla materia è intervenuta dapprima la legge di Stabilità 2015 (legge numero 190 del 2014), che ha escluso l’applicazione della penalizzazione per i soggetti che maturavano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Successivamente, la legge di Stabilità 2016 (legge numero 208 del 2015) ha specificato che la suddetta deroga si applica — con effetto sui ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio 2016 — anche per i trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015.

Da ultimo, la legge di bilancio 2017 (legge numero 232 del 2016) ha escluso a regime la predetta riduzione percentuale per i trattamenti pensionistici anticipati decorrenti dal 1º gennaio 2018.

— Contratto di espansione

L’articolo 26-quater del decreto legge numero 34 del 2019 ha introdotto, per gli anni 2019 e 2020, la possibilità di accedere al pensionamento (anticipato o di vecchiaia) 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti richiesti.

Tale possibilità è riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese con più di 1.000 addetti, che hanno stipulato un contratto di espansione volto a garantire nuove assunzioni, che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto a tali forme di pensione.

Previo esplicito consenso scritto degli interessati, il datore di lavoro riconosce, a fronte della risoluzione del rapporto, per tutto il periodo intercorrente fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità NaSpi, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’lNPS.

Peraltro, qualora il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro.

La legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 349, L. 178/2020) proroga al 2021 l’attuale sperimentazione dell’istituto e riduce la soglia minima dell’organico aziendale per l’accesso al medesimo contratto da 1.000 a 500 unità lavorative, ovvero a 250 nel caso in cui il contratto di espansione preveda anche il riconoscimento di un’indennità di accompagnamento alla quiescenza per i lavoratori più vicini al conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico

— Lavoratori precoci

La legge di bilancio 2017 (legge numero 232 del 2016) ha disposto una forma di pensionamento anticipato per i cosiddetti lavoratori precoci, ossia i lavoratori che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19° anno di età.

Successivamente, le possibilità di accesso al beneficio pensionistico sono state ampliate dalla legge di bilancio per il 2018 (legge numero 205 del 2017).

Per effetto del duplice intervento legislativo, a decorrere dal 1° maggio 2017 si prevede, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (per la pensione), indipendentemente dall’età anagrafica (requisito attualmente pari, in via generale, a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne).

I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del 19° anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle seguenti condizioni:

  • stato di disoccupazione, a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;
  • svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari o superiore al 74 per cento;
  • svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell’ambito delle professioni indicate negli allegati alle leggi di bilancio, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo (più specificamente, oltre allo schema 6 anni su 7 viene altresì prevista la possibilità di maturare il periodo di attività secondo lo schema 7 anni su 10). Al riguardo, si ricorda che l’articolo 53, comma 2, del decreto legge numero 50 del 2017 ha precisato che le suddette attività lavorative si considerano svolte in via continuativa quando, nei sei anni precedenti il momento del pensionamento, le medesime attività lavorative (di cui all’Allegato E della legge di bilancio 2017 numero 232 del 2016) non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente il pensionamento per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione;
  • soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall’articolo 1, commi da 1 a 3, del decreto legislativo numero 67 del 2011.

Il requisito ridotto di 41 anni, in linea generale, è soggetto ad adeguamento periodico agli incrementi della speranza di vita, secondo il meccanismo generale di adeguamento dei requisiti anagrafici per i trattamenti pensionistici.

Sul punto, si segnala però che l’articolo 17 del D.L. 4/2019 esclude il suddetto adeguamento fino al 31 dicembre 2026 , ma il diritto al trattamento decorre trascorsi tre mesi dal raggiungimento dei requisiti previsti.

Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2018 numero 205 del 2017 ha anche:

  • semplificato la procedura per l’accesso al beneficio (allo stesso modo di quanto previsto per l’APE sociale), prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell’assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 87/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione dello stesso;
  • rimodulato l’autorizzazione di spesa ai fini del concorso al finanziamento dell’estensione del beneficio;
  • per l’accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell’agricoltura e della zootecnia ha assunto come riferimento per il computo integrale dell’anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156) relativo all’anno di contribuzione previsto dalla normativa vigente.

Per completezza, si ricorda che il trattamento pensionistico liquidato in base al predetto requisito ridotto non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra il requisito ordinario (per il conseguimento del trattamento a prescindere dall’età anagrafica) e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento e che il medesimo beneficio non è cumulabile con altre maggiorazioni contributive previste per le attività di lavoro in oggetto, ad esclusione della maggiorazione stabilita in favore degli invalidi e dei sordomuti.

— APE sociale

L’articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2021termine da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 339, L. 178/2020) — l’istituto dell’APE sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

Successivamente, l’articolo 1, commi 162–167, della L. 205/2017, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell’indennità.

In base a quanto disposto dai richiamati commi da 179 a 186 della L. 232/2016 (come modificati sostanzialmente dalla L. 205/2017) possono accedere all’APE sociale i soggetti con un’età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

  • soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (avvenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art. 7 della L. 604/1966 e successive modificazioni) che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni. Lo stato di disoccupazione si configura anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;
  • soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave (ai sensi dell’articolo 3, c. 3, della L. 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a condizione di possedere un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile) e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell’APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative “gravose” (indicate negli appositi Allegati) da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 36 anni. È stata inoltre semplificata la procedura per l’accesso all’indennità per tali attività, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell’assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

Inoltre:

  • per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l’accesso all’APE sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna);
  • per quanto concerne l’accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell’agricoltura e della zootecnia, si è assunto come riferimento per il computo integrale dell’anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all’anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente; Si ricorda anche l’istituzione, ad opera della L. 205/2017, del Fondo APE sociale nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del concorso al finanziamento dell’estensione dell’indennità, Fondo successivamente soppresso dall’art. 18 del D.L. 4/2019.

L’erogazione dell’APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

  • mancata cessazione dell’attività lavorativa;
  • titolarità di un trattamento pensionistico diretto;
  • soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;
  • soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);
  • soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale;
  • raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L’indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L’indennità, erogata mensilmente su dodici mensilità all’anno, è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, non soggetto a rivalutazione, e non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro.

Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività lavorativa e richiedono l’APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Con il D.P.C.M. 88/2017 sono stati definiti i requisiti e le modalità per accedere all’APE sociale.

Si segnala che l’art. 53, c. 1, del D.L. 50/2017 attraverso un’interpretazione autentica, definisce le caratteristiche che devono avere determinate attività lavorative ai fini della corresponsione dell’indennità riconosciuta, fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni (cd APE sociale).

Le attività lavorative gravose si considerano svolte in via continuativa (che, come detto, se svolte da almeno sei anni e insieme al requisito anagrafico di 63 anni, danno diritto all’APE sociale) quando nei sei anni precedenti il momento di decorrenza della predetta indennità le medesime attività lavorative non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente la predetta decorrenza per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’articolo 1, comma 150, della L. 205/2017, l’esclusione dell’adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita, prevista per alcune categorie di lavoratori, non si applica ai soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell’APE sociale.

— Rendita integrativa temporanea anticipata (cd. RITA)

L’articolo 1, commi da 188 a 192, della L. 232/2016 ha introdotto (inizialmente in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018) — per i lavoratori che cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi e che abbiano almeno 20 anni di anzianità contributiva — la possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (con esclusione di quelle in regime di prestazione definita) in relazione al montante accumulato richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio.

La prestazione consiste nell’erogazione frazionata, in forma di rendita temporanea fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, del montante accumulato richiesto.

La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.

A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15.

Le somme erogate a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata sono imputate, ai fini della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e, successivamente, a quelli maturati dal 1° gennaio 2007.

Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività lavorativa e richiedono la RITA si prevede che i termini di pagamento del trattamento di fine rapporto e di fine servizio iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia. Successivamente, l’articolo 1, commi 168–169, della L. 205/2017, ha introdotto una disciplina a regime della RITA all’interno del D.Lgs. 252/2005 (attraverso modifiche agli articoli 11 e 14), coordinando altresì la nuova disciplina con le disposizioni contenute nella L. 232/2016.

— Isopensione

L’articolo 4, commi 1–7, della L. 92/2012, ha introdotto l’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione), utilizzato nei casi di eccedenza di personale, con specifici accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

In base a tali accordi, che devono essere validati dall’INPS, il lavoratore può ricevere, a condizione che raggiunga i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) entro i 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, una prestazione, a carico del datore di lavoro, di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, fino a che non si siano perfezionati i requisiti per il pensionamento.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 160, della L. 205/2017 ha modificato la disciplina dell’istituto elevando il limite temporale richiesto, limitatamente al triennio 2018–2020 (ora fino al 2023, come previsto dall’articolo 1, comma 345, della L. 178/2020), da 4 a 7 anni.

— Lavoratori su turni

L’articolo 1, comma 170, della L. 205/2017, ha stabilito, nell’ambito dei requisiti per il trattamento pensionistico per i dipendenti che svolgano lavoro notturno per un numero di giorni lavorativi annui inferiore a 78 ed impiegati — sulla base di accordi collettivi già sottoscritti al 31 dicembre 2016 — in cicli produttivi del settore industriale su turni di 12 ore, che ai fini del conseguimento dei requisiti per il pensionamento dei lavoratori impegnati in lavori usuranti (di cui al D.Lgs. 67/2011), i giorni lavorativi effettivamente svolti siano moltiplicati per il coefficiente di 1,5.

— Opzione donna

L’articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 ha introdotto una misura sperimentale (cd. opzione donna) che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico per il quale era inizialmente previsto l’adeguamento all’aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l’uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell’importo della pensione.

La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell’opzione donna, a condizione che le lavoratrici che maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

La previsione che i requisiti anagrafici e contributivi previsti per l’esercizio dell’opzione donna dovessero essere maturati entro il 31 dicembre 2015 ha posto significativi problemi interpretativi.

L’INPS, infatti (con le circolari 35 e 37 del 2012 e con il messaggio 219/2013), ha dato a tale previsione un’interpretazione restrittiva, ritenendo che la data del 31 dicembre 2015 andasse interpretata come termine di decorrenza della prestazione, non essendo sufficiente la semplice maturazione dei requisiti entro tale data. Sulla questione sono intervenute le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che hanno approvato risoluzioni (rispettivamente la 7–00159/2013 e la 7–00040/2013) volte ad escludere l’applicazione della finestra mobile e degli incrementi legati all’aspettativa di vita, ritenendo sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

L’articolo 1, comma 281, della L. 208/2015 (Legge di stabilità per il 2016) ha posto fine ai suddetti problemi interpretativi, precisando l’ambito temporale di applicazione dell’istituto (comunque transitorio e sperimentale). La nuova norma ha previsto, infatti, che l’accesso all’istituto è possibile anche qualora la decorrenza del trattamento sia successiva al 31 dicembre 2015, essendo sufficiente la maturazione dei requisiti entro tale data.

L’articolo 1, commi 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti (di cui all’art. 1, c. 9, della L. 243/2004) a causa degli incrementi determinati dall’adeguamento dei medesimi all’aumento della speranza di vita (di cui all’art. 12 del D.L. 78/2010).

Successivamente, l’articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all’opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, mentre i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

Il suddetto termine è stato prorogato al 31 dicembre 2020, da ultimo, dall’articolo 1, comma 336, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Si ricorda, infine, che nel corso della XVII Legislatura la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha svolto, concludendola il 6 luglio 2016, un’indagine conoscitiva sull’impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne.

In particolare, dalle modifiche normative introdotte nel corso degli ultimi anni emergerebbe l’esistenza di rilevanti differenziali di genere con riferimento sia agli importi medi delle singole prestazioni pensionistiche, sia al complessivo reddito pensionistico dei beneficiari.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al documento conclusivo approvato.

— Riscatto periodi pensionistici e riscatto corsi di laurea

L’articolo 20 del D.L. 4/2019; introduce in via sperimentale, per il triennio 2019–2021, solo per coloro la cui pensione è liquidata integralmente con il sistema di calcolo contributivo, la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, i periodi non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria, né soggetti ad alcun obbligo contributivo, parificandoli a periodi di lavoro.

Viene inoltre modificata la disciplina del riscatto dei corsi di laurea, relativamente a periodi da valutare con il sistema contributivo: per chi presenta la domanda, a prescindere dall’età anagrafica, l’onere del riscatto è costituito dal versamento di un contributo pari, per ogni anno da riscattare, al livello minimo imponibile annuo (pari a 15.710 euro per il 2018), moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, vigenti alla data di presentazione della domanda.

— Altre forma di pensionamento anticipato

Ulteriori modalità di accesso anticipato al trattamento previdenziale sono previste, ad esempio, per i soggetti che svolgono lavori usuranti e gravosi ,nonché per i lavoratori esposti all’amianto , oltre che per i soggetti che si avvalgono delle misure di salvaguardia dall’applicazione dei nuovi requisiti pensionistici introdotti dalla legge di riforma del 2011 (cd. esodati).

Con il D.Lgs. 69/2017 (adottato in attuazione della delega prevista dalla L. 198/2016), sono stati modificati i requisiti per l’accesso al pensionamento anticipato dei giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale. Per un quadro d’insieme delle principali modalità di pensionamento anticipato previste dalla normativa vigente si rinvia al seguente allegato.

Lavori usuranti

Gli interventi in materia di lavori usuranti sono stati finalizzati ad agevolare l’accesso anticipato al pensionamento di tali categorie di lavoratori, attraverso una riduzione dei requisiti previdenziali richiesti e, in particolare, la disapplicazione in via transitoria (fino al 2025) del loro adeguamento agli incrementi della speranza di vita.

— Evoluzione normativa

Il decreto legislativo numero 67 del 2011

Con il decreto legislativo numero 67 del 2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti, diretta, in particolare, a consentire ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico, di maturare il diritto al trattamento pensionistico con un anticipo di 3 anni, mentre dal 1° gennaio 2013 il pensionamento sarebbe dovuto avvenire secondo il sistema delle “quote” (vedi infra).

Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia:

  • i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale del 19 maggio 1999);
  • i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal decreto legislativo numero 66 del 2003);
  • i lavoratori che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgono lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale (cosiddetta linea catena);
  • i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Le condizioni per l’accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa (secondo il testo originario del decreto legislativo, nella fase transitoria, ossia fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; a regime, ossia dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa).

Specifiche norme concernono gli obblighi dei datori di lavoro in ordine alla produzione della documentazione volta a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al beneficio pensionistico.

— Modifiche introdotte dal decreto legge numero 201 del 2011 (riforma Fornero)

L’articolo 24, comma 17, del decreto legge numero 201 del 2011 è intervenuto sul suddetto decreto legislativo numero 67 del 2011, operando una significativa modifica delle condizioni di accesso al pensionamento anticipato, con l’effetto di attenuare la portata dei benefici previdenziali in precedenza previsti.

La nuova disciplina pensionistica ha, in particolare, previsto:

  • la limitazione agli anni dal 2008 al 2011 (anziché dal 2008 al 2012) del periodo transitorio;
  • per quanto concerne la disciplina a regime (che decorre dal 1° gennaio 2012, e non più dal 1° gennaio 2013), la previsione che il pensionamento per i lavoratori che svolgono attività usuranti, che hanno almeno 35 anni di anzianità contributiva, avvenga non più con il riconoscimento dell’anticipo di 3 anni, ma secondo il sistema delle “quote” previste dalla Tabella B di cui all’Allegato 1 della legge numero 247 del 2007 (“quota 97”, quale somma tra età anagrafica e contributiva, dal 2013 requisito soggetto all’adeguamento alla speranza di vita), con almeno 35 anni di anzianità contributiva, ferma restando, comunque, la possibilità di pensionamento anticipato;
  • per quanto concerne, specificamente, i lavoratori turnisti che hanno prestato lavoro notturno, la disciplina previgente (sulla riduzione massima dell’età anagrafica di uno o due anni, rispettivamente per i lavoratori che abbiano svolto turni da 64 a 71 giorni all’anno, ovvero da 72 a 78 giorni all’anno) viene limitata al periodo dal 2009 al 2011; a regime, ossia dal 1° gennaio 2012, per questi lavoratori il pensionamento avviene secondo il sistema delle “quote” previste dalla suddetta Tabella B (incrementate di due anni e due unità per i lavoratori che abbiano svolto turni notturni da 64 a 71 giorni all’anno, e di un anno ed una unità per i lavoratori che abbiano svolto turni da 72 a 78 giorni all’anno).

In ogni caso, tali modifiche non scontavano il fatto che per i lavoratori in questione si sarebbe dovuto continuare ad applicare il regime delle decorrenze per l’accesso al trattamento pensionistico (cosiddette finestre), introdotto dall’articolo 12, comma 2 del decreto legge numero 78 del 2010.

— Ulteriori interventi

L’articolo 1, commi da 206 a 208, della legge di bilancio per il 2017 (legge numero 232 del 2016) ha introdotto alcune misure volte ad agevolare l’accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori che svolgono lavori usuranti.

In particolare si è stato previsto:

  • che non vengano più applicate le disposizioni in materia di decorrenze annuali per il godimento del trattamento pensionistico (cosiddette finestre);
  • una attenuazione delle condizioni legislativamente previste per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, anticipando al 2017 (in luogo del 2018) la messa a regime della disciplina relativa ai requisiti che devono essere presenti nel corso della carriera lavorativa. Per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato si richiede, pertanto, che le attività usuranti siano state svolte per un periodo di tempo pari, alternativamente:

ad almeno 7 anni negli ultimi 10 anni (rispetto alla normativa vigente si prevede che ai fini della suddetta durata non venga più compreso l’anno di maturazione dei requisiti e che il limite non venga più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017);

ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva (rispetto alla normativa vigente tale limite non viene più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018);

  • che in via transitoria, per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, non si procede all’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti richiesti per l’accesso alla pensione anticipata (adeguamento che proprio dal 2019 ha cadenza biennale e non più triennale);
  • una modifica dei termini previsti per la trasmissione, da parte del lavoratore che svolge attività usuranti, della domanda e della relativa documentazione per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato. In particolare, si dispone che la domanda e la relativa documentazione devono essere trasmesse:

entro il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati entro il 31 dicembre 2016 (non a decorrere dal 1° gennaio 2012, come attualmente previsto);

entro il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati nel corso del 2017;

entro il 1° maggio dell’anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

In attuazione delle richiamate disposizioni è stato emanato il decreto ministeriale del 20 settembre 2017, che ha modificato il richiamato decreto ministeriale del 20 settembre 2011 (concernente l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti).

Allo stesso tempo la legge di stabilità 2018 ha disposto l’esclusione dall’adeguamento dell’incremento degli indici di speranza di vita anche i lavoratori impegnati nelle attività usuranti. Con il decreto ministeriale del 5 febbraio 2018 sono state disciplinate le modalità attuative della norma richiamata, con particolare riguardo all’ulteriore specificazione delle professioni di cui all’allegato B e alle procedure di presentazione della domanda di accesso al beneficio e di verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell’ente previdenziale.

Con il decreto ministeriale del 18 aprile 2018 sono state definite le procedure di presentazione della domanda di pensione, ai fini dell’applicazione del beneficio richiamato.

— Le risorse stanziate

Per quanto concerne, specificamente, le risorse previste per il finanziamento dei benefici previdenziali per i lavori usuranti, l’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo numero 67 del 2011 aveva (inizialmente) coperto gli oneri finanziari con le risorse del Fondo per il pensionamento anticipato in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (istituito con l’articolo 1, comma 3, lettera f), della legge numero 247 del 2007), pari a 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 , 383 milioni di euro per il 2013 e 2014 e 233 milioni di euro a decorrere dal 2015.

Successivamente, il Fondo è stato rideterminato da una serie di interventi, e cioè:

  • l’articolo 1, comma 721, della legge numero 190 del 2014 ha ridotto di 150 milioni di euro (passando così da una dotazione, nel 2014, pari a 383 milioni di euro ad una dotazioni pari a 233 milioni di euro annui), lo stanziamento del Fondo;
  • l’articolo 1, comma 289, della legge numero 208 del 2015 ha previsto (ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati ha disposto) una riduzione del Fondo in misura pari a 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni per il 2018, 76 milioni per il 2019 e 30 milioni per il 2020;
  • l’articolo 1, comma 300, della legge numero 208 del 2015, che (per la copertura degli oneri finanziari derivanti dai precedenti commi 298 e 299 (relativi, rispettivamente, alla soppressione del divieto di cumulo di riscatto, ai fini pensionistici, dei periodi — non coincidenti — del corso legale di laurea e di quelli corrispondenti al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, e l’estensione della deroga all’applicazione di alcune riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015) ha ridotto il Fondo di 15,1 milioni di euro per il 2016, 15,4 milioni di euro per il 2017, 15,8 milioni di euro per il 2018, 16,2 milioni di euro per il 2019, 16,5 milioni di euro per il 2020, 16,9 milioni di euro per il 2021, 17,2 milioni di euro per il 2022, 17,7 milioni di euro per il 2023, 18 milioni di euro per il 2024 e 18,4 milioni di euro a decorrere dal 2025;
  • l’articolo 1, comma 304, della legge numero 208 del 2015, che (per incrementare il Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, per il 2016, di 250 milioni di euro, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga), ha ridotto il Fondo per una somma pari a 150 milioni di euro;
  • l’articolo 1, comma 207, della legge numero 232 del 2016 (legge di di bilancio per il 2017), che (a fronte dell’introduzione di misure volte ad agevolare ulteriormente l’accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori che svolgono lavori usuranti) ha incrementato il Fondo di 84,5 milioni di euro per il 2017, 86,3 per il 2018, 124,5 per il 2019, 126,6 per il 2020, 123,8 per il 2021, 144,4 per il 2022, 145,2 per il 2023, 151,8 per il 2024, 155,4 per il 2025 e 170,5 annui a decorrere dal 2026;
  • l’articolo 1, comma 494, della legge numero 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha ridotto la dotazione del Fondo per un importo pari a 21,7 milioni di euro per il 2020 (conseguente al corrispondente incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione per la medesima annualità).

Lavori gravosi

I lavoratori impegnati in attività gravose (di cui all’Allegato B della legge di stabilità 2018 numero 205 del 2017) possono accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia con un’età pari a 66 anni e 7 mesi o anticipato con un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne).

Nel 2019 non è scattato l’aumento legato all’incremento della speranza di vita:

  • per i lavoratori dipendenti che svolgano da almeno 7 anni (nei 10 anni precedenti il pensionamento) le professioni di cui al suddetto allegato B e che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni;
  • per i lavoratori addetti a lavori usuranti a condizione che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento, che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa e che i lavoratori siano in possesso di un’anzianità contributiva pari a 30 anni.

Inoltre, ai sensi della legge di stabilità 2017 numero 232 del 2016, i lavoratori impegnati nei predetti lavori usuranti beneficiano dell’esclusione dagli adeguamenti automatici decorrenti dagli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, a condizione della sussistenza di un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni.

Merita ricordare, infine, che la legge di stabilità 2018 ha demandato ad uno specifico decreto del Presidente del consiglio dei ministri l’istituzione di una Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni, anche in relazione all’età anagrafica ed alle condizioni soggettive dei lavoratori, al fine di acquisire elementi conoscitivi e metodologie scientifiche a supporto della valutazione delle politiche statali in materia previdenziale ed assistenziale.

Sul punto, è intervenuta la legge di bilancio 2020 numero 160 del 2019 che ha disposto la ricostituzione della suddetta Commissione, i cui lavori dovranno concludersi entro il 31 dicembre 2020.

Benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto

Le norme adottate in relazione ai benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto sono state dirette ad estendere la platea dei soggetti beneficiari e a riconoscere maggiori facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata.

In generale, l’articolo 13, commi 6, 7 e 8, della legge numero 257 del 1992 ha disposto la concessione di un beneficio previdenziale a determinate categorie di lavoratori che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto.

Tale beneficio consiste nell’applicazione ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all’esposizione all’amianto di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare: ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5; al periodo di esposizione all’amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall’INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5; all’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25, utile solamente ai fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime.

Si ricorda che, sino al 1° ottobre 2003, era invece previsto per tale ultima fattispecie un coefficiente pari all’1,5, che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione.

Oltre a ciò, il comma 2 dello stesso articolo 13, ha riconosciuto (con validità limitata a 730 giorni dalla dal 28 aprile 1992), ai lavoratori delle imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva (anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari) un trattamento di pensione a condizione che possano far valere almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva, con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni (così come prescritto dall’articolo 22 della legge numero 153 del 1969), e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne.

Si fa presente, inoltre, che l’articolo 47 del decreto legge numero 269 del 2003 ha esteso la rivalutazione del periodo di esposizione all’amianto ai fini pensionistici anche ai lavoratori non coperti dall’assicurazione obbligatoria gestita dall’INAIL. In tal senso, il beneficio viene riconosciuto in favore dei lavoratori (anche quelli non assicurati presso l’INAIL) che siano stati esposti per un periodo superiore a 10 anni all’amianto “in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno”.

La sussistenza dell’esposizione all’amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall’INAIL.

— Interventi effettuati nel corso della XVII Legislatura

La materia è stata interessata anche nel corso della XVII Legislatura, da diversi provvedimenti.

In primo luogo, la legge di stabilità per il 2015 numero 190 del 2014 ha recato una serie di norme in materia di amianto.

Più specificamente:

  • l’articolo 1, comma 112, ha disposto che per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori esposti all’amianto in servizio (cioè non beneficiari di trattamenti pensionistici), con effetto dal 1° gennaio 2015 e senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto (salvo il caso di dolo da parte del soggetto interessato, accertato giudizialmente con sentenza definitiva) dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL per il conseguimento dei benefici pensionistici previsti dalla normativa vigente per gli stessi lavoratori (dal citato articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992);
  • l’articolo 1, commi 116 e 117, ha esteso la platea di lavoratori esposti all’amianto ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali ed assistenziali. Più specificamente, sono state estese (in via sperimentale per il triennio dal 2015 al 2017) le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo per le vittime dell’amianto (nel limite delle risorse disponibili nel Fondo stesso) ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare ai lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto, ovvero per comprovata esposizione ambientale. Inoltre, in deroga alla normativa previdenziale vigente, è stata applicata la maggiorazione contributiva (di cui al richiamato articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (nel corso del 2015 e senza la corresponsione di ratei arretrati), anche agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese (esercenti attività di scoibentazione e bonifica e con attività di lavoro cessata per chiusura, dismissione o fallimento e il cui sito sia interessato dal Piano di Bonifica da parte dell’Ente territoriale), che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto correlata (accertata e riconosciuta ai sensi dell’articolo 13, comma 7, della legge numero 257 del 1992);
  • l’articolo 1, comma 115, ha individuato la data del 31 gennaio 2015 (termine successivamente prorogato 31 dicembre 2016 dalla legge di stabilità 2016) come termine ultimo per la presentazione all’INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente per l’esposizione all’amianto, da parte di soggetti (assicurati INPS e INAIL) collocati in mobilità dall’azienda per cessazione dell’attività lavorativa, che avevano presentato domanda dopo il 2 ottobre 2003 (data dell’entrata in vigore del decreto legge numero 269 del 2003), a condizione che abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l’accertamento dell’avvenuta esposizione all’amianto per un periodo superiore a 10 anni e in quantità maggiori dei limiti di legge. In sostanza, la disposizione è volta a consentire a tali soggetti di accedere ai benefici secondo il più vantaggioso regime previsto fino al 2 ottobre 2003 (ai sensi dell’articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992, in precedenza illustrato). In ogni caso, le conseguenti prestazioni non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015.

Successivamente in materia è intervenuta la legge di stabilità per il 2016 che ha prorogato per il triennio dal 2016 al 2018 l’applicazione della maggiorazione contributiva (di cui all’articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) riconosciuta (ai sensi dell’articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese, che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto-correlata.

Inoltre, è stata estesa la platea a cui si applicano le disposizioni richiamate, comprendendovi anche i lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell’INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, derogando alla norma (articolo 1, comma 115, della legge numero 190 dl 2014) che aveva fissato al 31 giugno 2015 il termine ultimo per la presentazione all’INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali.

Contestualmente, è stato istituito un apposito Fondo, finalizzato all’accompagnamento alla quiescenza, entro il 2018, dei lavoratori (individuati dall’articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014), che non abbiano maturato i requisiti pensionistici ivi previsti. Inoltre, il beneficio previdenziale di cui dall’articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992 è stato esteso ai lavoratori del settore della produzione di materia rotabile ferroviario che hanno svolto operazioni di bonifica dall’amianto senza essere dotati degli adeguati equipaggiamenti di protezione.

Infine, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell’amianto, in favore degli eredi dei soggetti deceduti in seguito a patologie asbesto correlate per esposizione all’amianto nell’esecuzione delle operazioni portuali attuate per realizzare la cessazione dell’impiego dell’amianto (con conseguente applicazione della legge numero 257 del 1992), che concorre al pagamento di quanto spettante ai superstiti a titolo di risarcimento del danno (patrimoniale e non).

In materia è intervenuta anche la legge di bilancio per il 2017 che ha attribuito, a decorrere dal 2017, entro specifici limiti finanziari, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all’esposizione lavorativa all’amianto, anche per i casi in cui manchi il presupposto dell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Per il relativo trattamento, il requisito contributivo — pari, secondo la disciplina generale in materia di pensione di inabilità, a 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la domanda — sussiste anche in presenza della sola condizione del versamento di 5 anni di contribuzione.

Le patologie in esame sono le seguenti (purché riconosciute di origine professionale, ovvero quale causa di servizio): mesotelioma pleurico; mesotelioma pericardico; mesotelioma peritoneale; mesotelioma della tunica vaginale del testicolo; carcinoma polmonare; asbestosi.

I benefìci in esame — che concernono i soggetti iscritti alle forme obbligatorie di base relative ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, e non sono cumulabili con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente — sono riconosciuti, a domanda (nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 30 milioni annui a decorrere dal 2018).

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie summenzionate, il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell’età anagrafica, dell’anzianità contributiva e, a parità dei precedenti criteri, della data di presentazione della domanda.

In attuazione delle disposizioni in oggetto è stato emanato il decreto ministeriale del 31 maggio 2017.

Per ulteriori chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 7 del 2018.

Infine, l’articolo 13-ter del decreto legge numero 91 del 2017 (cosiddetto decreto per il mezzogiorno) ha previsto benefici pensionistici o sussidi di accompagnamento alla quiescenza per lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata, provvedendo alla copertura finanziaria dei relativi oneri.

In particolare:

  • sono ampliati i termini temporali per l’applicazione di un requisito pensionistico più favorevole per alcuni lavoratori, affetti da patologia asbesto-correlata, estendendo l’applicazione del beneficio per il biennio dal 2019 al 2020 (consistente nel diritto al pensionamento sulla base del requisito di 35 anni di anzianità contributiva, requisito che si intende raggiunto — purché in possesso di almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva — anche con una maggiorazione, non superiore a 5 anni, della medesima anzianità, e dei requisiti inerenti sia alla somma di età anagrafica e anzianità contributiva sia all’età anagrafica minima, previgenti rispetto alla riforma Fornero del 2011 in materia pensionistica). Usufruiscono del beneficio i lavoratori affetti dalla richiamata patologia (accertata e riconosciuta) a causa dell’esposizione all’amianto, occupati nelle imprese che abbiano svolto attività di scoibentazione e bonifica, qualora essi abbiano cessato il rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell’impresa e a condizione che il sito dell’impresa sia interessato da piano di bonifica da parte dell’ente territoriale;
  • vengono ampliati i termini temporali (anche in questo caso per il biennio dal 2019 al 2020) di applicazione del sussidio di accompagnamento alla quiescenza, previsto, in via transitoria, per i lavoratori interessati dalle norme in precedenza richiamate e ai quali le stesse non siano applicabili per l’impossibilità di maturazione del requisito contributivo ivi stabilito.

— Interventi effettuati nel corso della XVIII Legislatura

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 279, della legge numero 145 del 2018) ha esteso ulteriormente la platea ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali in virtù dell’esposizione all’amianto (già ampliata, come detto, dalla richiamata legge di bilancio 2016), disponendo che nei lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell’INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, siano ricompresi (sempre ai fini della fruizione dei benefici pensionistici), i lavoratori che, transitati nel pubblico impiego ovvero nella gestione ex-IPOST (gestione dei postelegrafonici, attualmente gestita all’interno dell’INPS) abbiano effettuato la ricongiunzione contributiva (ai sensi dell’articolo 2 della legge numero 29 del 1979) e risultino iscritti a forme previdenziali obbligatorie diverse dall’Assicurazione Generale Obbligatoria.

Per chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 34 del 2019.

Inoltre, l’articolo 41-bis del decreto legge numero 34 del 2019 ha esteso ad altre fattispecie l’ambito di applicazione della normativa che riconosce, in favore di lavoratori esposti all’amianto, il diritto alla pensione di inabilità a prescindere dalla condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Da ultimo, la legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 356, L. 178/2020) ha disposto l’erogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2021 e attraverso il Fondo vittime amianto, di una prestazione aggiuntiva, nella misura del 15 per cento della rendita già in godimento, ai soggetti che abbiano contratto patologia asbesto correlata riconosciuta.

Cumulo dei contributi pensionistici

Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto per modificare la disciplina del cumulo gratuito dei contributi pensionistici, al fine di ampliare le possibilità di accesso all’istituto da parte dei lavoratori.

La legge di stabilità per il 2013 ha introdotto, a seguito delle criticità emerse dall’applicazione delle nuove norme in materia di ricongiunzione onerosa (che spesso hanno comportato, per i lavoratori interessati, significativi oneri per l’accesso all’istituto), una nuova possibilità di cumulo gratuito dei periodi assicurativi accreditati in diverse gestioni previdenziali, al fine di ottenere un unico trattamento pensionistico.

La nuova modalità (gratuita) di cumulo (alternativa alle discipline esistenti) è volta a consentire ai beneficiari il conseguimento di un’unica pensione, cumulando i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso due (o più) forme di assicurazione obbligatorie (compresa le Gestione separata INPS), a condizione che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo presso una di esse e non siano in possesso dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico.

Tale istituto si differenzia dalla ricongiunzione onerosa (di cui alla legge numero 29 del 1979 per i rapporti tra le diverse gestioni INPS, e alla legge numero 45 del 1990 per i rapporti tra INPS e Casse professionali) sia per la gratuità dell’operazione, sia per la conservazione delle regole di calcolo proprie di ciascuna gestione.

La facoltà di cumulo può essere esercitata esclusivamente per la liquidazione del trattamento pensionistico di vecchiaia (con i requisiti anagrafici e contributivi previsti dall’articolo 24, comma 6 e comma 7, del decreto legge numero 201 del 2011, la cosiddetta riforma Fornero in materia pensionistica), nonché dei trattamenti per inabilità e ai superstiti di assicurato deceduto prima di aver acquisito il diritto alla pensione.

Il pagamento dei trattamenti liquidati avviene secondo le norme sulla totalizzazione.

Le gestioni interessate, ciascuna per la parte di propria competenza, determinano il trattamento pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento (il che implica un trattamento previdenziale inferiore a quello che sarebbe risultato dalla ricongiunzione).

Il sistema di calcolo da applicare (retributivo, misto o contributivo) è stabilito, ai fini dell’accertamento dell’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995, tenendo conto di quanto complessivamente versato nelle diverse gestioni assicurative (a condizione che i periodi non si sovrappongano temporalmente); la quota di pensione per i periodi successivi al 1° gennaio 2012 è, ad ogni modo, calcolata con il sistema di calcolo contributivo.

Nel corso della XVII Legislatura, la legge di bilancio per il 2017 ha introdotto significative modifiche alla disciplina del cumulo gratuito, con l’obiettivo di ampliare le categorie di soggetti beneficiarie e di agevolare l’accesso all’istituto da parte dei lavoratori.

In particolare, è stata disposta:

  • la soppressione della previsione che subordinava l’accesso all’istituto al fatto che il soggetto non fosse in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico;
  • l’estensione dell’applicazione dell’istituto ai periodi contributivi maturati presso le Casse professionali privatizzate;
  • la possibilità di accesso al cumulo gratuito per i soggetti che abbiano conseguito il requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendentemente dall’età anagrafica, attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne.

La norma, inoltre, interviene sui termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgono del cumulo gratuito, prevedendo che i termini di pagamento previsti dalla disciplina generale in materia iniziano a decorrere solo al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

Infine, si prevede un regime transitorio per i soggetti che hanno presentato domanda di ricongiunzione o di totalizzazione e i cui procedimenti non si siano ancora perfezionati al momento dell’entrata in vigore della legge, al fine di consentire l’accesso alternativo all’istituto del cumulo (sempre che sussistano i relativi requisiti) e di garantire il recupero delle somme eventualmente versate (nel caso di domanda di ricongiunzione onerosa).

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